
“Sarà un 2026 di guerra. Assolutamente sì”. La pace tra Ucraina e Russia è ancora lontana. L’incontro tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky non è destinato a produrre una svolta in tempi brevi. E’ l’analisi di Pietro Batacchi, esperto di Difesa e direttore della rivista specializzata Rid, all’Adnkronos dopo il vertice tra il presidente degli Stati Uniti e quello ucraino. La mediazione di Trump, che prima dell’incontro ha avuto un colloquio telefonico con Vladimir Putin, non si rivelerà risolutiva nell’immediato.
“Le posizioni sono molto distanti, tuttora. E i due, cioè Zelensky e Putin, hanno tutta la voglia di continuare a farsi la guerra, una guerra di lunga durata, che mobilità gli apparati. Una guerra che finisce per esaurimento, se finisce”, prosegue.
“Zelensky ha motivi per non fermarsi”
“Se Putin ad oggi non ha ancora conseguito i propri obiettivi, nemmeno Zelensky ha tutta questa voglia di fare la pace. Ha un problema forte interno, lo scandalo della corruzione, e non può essere il presidente che rinuncia ai territori dopo esser stato il presidente della resistenza”, dice facendo riferimento all’ipotesi di rinunciare al Donbass.
Il presidente ucraino, prosegue Batacchi, “si deve guardare poi da tutti quegli elementi di destra estrema delle forze armate perché, quando il reggimento Azov diventa corpo d’armata e viene sistematematicamente utilizzato come tappabuchi, questi che tengono in piedi la baracca come lo prendono un accordo nel quale si rinuncia al Donbass?”. “Non solo. Zelensky ha incassato adesso gli aiuti dell’Europa, quindi ha una prospettiva, una luce sul 2026 che prima non aveva. E secondo me ci sono tutti i presupposti per andare avanti”, dice ancora.
Riflettori puntati sul ruolo di Donald Trump. “Dall’altra parte, poi, c’è l’amministrazione Trump che al suo interno è divisa, il presidente americano è vincolato a muoversi in un in un quadro tradizionale per ciò che concerne la politica estera e di sicurezza americana, non è un monolite che fa come gli pare, assolutamente no”.
“In un contesto del genere, secondo me – prosegue Batacchi – si va ancora avanti, in attesa che la guerra faccia il suo corso e che il campo alla fine dica l’ultima parola. Ho la sensazione che questa sia una guerra che non potrà mai finire con la vittoria dell’una o dell’altra parte, per tutta una serie di ragioni, perché se da una parte c’è l’Occidente che non si può permettere una sconfitta completa dell’Ucraina, dall’altra c’è la Russia per la quale una sconfitta avrebbe delle ripercussioni interne molto forti”, dice prospettando le conseguenze di un flop conclamato per Vladimir Putin.
Quindi? “Sarà un 2026 ancora di guerra, assolutamente sì. Ma poi lo vediamo tutti i giorni. I russi attaccano, ma non dimentichiamolo, attaccano anche gli ucraini, che colpiscono sistematicamente la profondità del territorio russo con i droni, con i missili, colpiscono raffinerie, depositi di petrolio, insomma fanno male”. Il senso di questi continui colloqui, dunque? “C’é un balletto, e noi siamo spettatori di questa rappresentazione. La tematica vera, in questo momento, è sul campo”, conclude. (di Silvia Mancinelli)

